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Eugenetica parte 2
In Italia

Il regime fascista, nonostante la vicinanza con alcuni scienziati sostenitori dell'eugenetica, non prenderà mai misure sostanziali di questo tipo. Solo alcuni provvedimenti legati alla politica di espansione demografica hanno tentato di proporre una disciplina morale che portasse al "miglioramento della razza". Posizione perfettamente in sintonia con il parere della Chiesa, che non vedeva di buon occhio i provvedimenti eugenetici ma apprezzava la proposta di igienizzazione "morale" al fine del "miglioramento razziale"[2].

Il dibattito contemporaneo

La disponibilità della completa sequenza del genoma e l'avanzamento delle biotecnologie ha fatto ipotizzare ad alcuni un pericolo di possibile selezione dei caratteri genetici dei nascituri. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza) all'art. 3 §2 impone il divieto delle pratiche eugenetiche[3],

Oltre alla succitata sterilizzazione chirurgica o farmacologica delle persone con menomazioni fisiche o psichiche, ipotetici strumenti di selezione eugenetica possono essere considerati:

* la manipolazione eugenetica del DNA
* l'utilizzo di banche del seme o degli embrioni, o la moltiplicazione di questi mediante fecondazione in vitro, se utilizzati al fine di conservare e diffondere i patrimoni genetici di "migliore qualità"

Il dibattito in Italia

Recentemente il termine eugenetica è stato anche ripreso da politici ed esponenti cattolici e conservatori per etichettare in modo negativo anche le tecniche di diagnosi preimpianto dell'embrione nei casi di fecondazione assistita e riguardo ai casi di aborto terapeutico.

Attualmente l'ordinamento italiano, con la legge 40/2004 ha ritenuto in linea di principio inammissibili alcune pratiche in materia di procreazione medicalmente assistita[4]:
« La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative »

(art.13 comma 2)
« Sono, comunque, vietati [...] ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo »

(art.13 comma 3b)

Il 24 settembre 2007 il Tribunale di Cagliari ha emesso una sentenza, provocando lo sdegno della Cei, a favore di una donna che, due anni fa, aveva chiesto di poter eseguire la diagnosi preimpianto prima di procedere con le tecniche di fecondazione in vitro perché portatrice di talassemia, malattia molto diffusa in Sardegna, al pari del diabete mellito.

Il caso è stato oggetto di particolare attenzione da parte dei giuristi, alla luce della delicatezza degli interessi toccati e della emblematica vicenda umana, segnata dalla condizione della donna, attrice nel processo, prostrata da precedenti interventi abortivi dovuti alle annunciate malattie del concepito. La decisione è fondata nel rinvenimento di un'identità nelle finalità della diagnosi prenatale ex l.194/78 e della diagnosi dell'embrione in vitro, pure consentita dalla citata legge 40. Ritenuto pertanto che deve prevedersi identico trattamento (ex art. 3 Cost.) al feto in fase prenatale ante 90° giorno e all'embrione concepito in vitro, si dà la possibilità alla madre di evitare l'impianto dell'embrione talassemico(ex art.32 Cost.). Con la decisione del giudice infatti, l'ospedale e il medico incaricato controlleranno lo stato dell'embrione, verificando se può essere colpito da talassemia. Solo nel caso in cui l'embrione sia sano il medico procederà all'impianto e alla gravidanza

it.wikipedia.org/wiki/Eugenetica
Potranno fermarne uno ma non potranno fermarci tutti!