Evemero descriveva brevemente il culto tributato agli dei dai Panchei e la struttura interna del tempio, nel quale era posta una stele d’oro che recava iscritte, in geroglifici, le imprese degli dei che i sacerdoti cantano negli inni e nei riti divini.
Secondo la casta sacerdotale di Panchea, gli dei erano nati a Creta ed erano stati condotti a Panchea dal grande re Zeus, di cui Evemero narra la genealogia e le imprese. Dopo essersi dilungato ad esporre le complesse trame di potere che portarono Urano a divenire il primo re del mondo abitato e ad essere onorato per la sua conoscenza dell’astronomia come dio del cielo, Evemero riporta che Crono, figlio minore di Urano, spodestò il legittimo erede, il fratello Titano, dopo una guerra e, sposata Rea (Ops in Ennio), sua sorella, generò Zeus, Era e Poseidone.
Ultimo gran re fu appunto Zeus, figlio di Crono, che liberò fratelli e zii dalla prigionia in cui Crono li aveva costretti e, con diversi matrimoni, si assicurò una numerosa discendenza. Assicuratasi l’alleanza con Belo, re di Babilonia, Zeus conquistò poi la Siria e la Cilicia, nonché l’Egitto, dove ricevette il titolo onorifico di Ammone e con questo nome vi venne onorato sotto le spoglie di un ariete, poiché in battaglia indossava un elmo aureo ornato appunto da corna d’ariete.
Percorsa cinque volte la terra e beneficatala con i semi della civiltà e della religione, Zeus, in tarda età, prima di morire, condusse appunto a Panchea i suoi discendenti, ai quali lasciò compiti specifici di governo: suo fratello Poseidone governò i mari ed i percorsi marittimi, così come Ade si occupò dei riti funebri ed Ermes presiedette all’alfabetizzazione ed alla diffusione della cultura. Morto Zeus, che aveva fatto incidere su una stele d’oro le imprese sue e dei suoi avi, gli fu eretto un tempio, appunto di Zeus Trifilio, ed Ermes incise sulla stele le imprese dei suoi discendenti, che come lui sono onorati come dei dagli uomini per le grandi imprese compiute.
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