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Tra Mithra e Gesù

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2009 10:47
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di Lawrence Sudbury
Un'analisi degli elementi mithraici nel culto cristiano.

Buona parte degli esegeti neo-testamentari, pur nelle differenti ottiche interpretative, concordano sulla possibilità che Paolo di Tarso, nel suo impeto missionario, abbia modificato in modo più o meno consistente il messaggio originario di Gesù (1).
Sostanzialmente, il percorso è molto semplice: Paolo voleva evangelizzare l'Impero Romano, di cui, come cittadino imperiale, faceva parte a pieno titolo.
Per varie ragioni (anch'esse molto variabili in relazione alla posizione storico-teologica dei diversi studiosi, dall'anti-romanismo para-zelota del Cristo, alla responsabilità romana nella sua ignominiosa esecuzione, all'impossibilità di diffondere un concetto tipicamente ebraico come quello messianico in ambiti culturali differenti, ecc.) la storia dell'ebreo Gesù così come realmente accaduta e, soprattutto, il senso del suo messaggio salvifico non potevano essere presentati ai "gentili" direttamente, pena la non comprensione e conseguente non accettazione della nuova religione da lui fondata.
Paolo, da uomo certamente intelligente, cosmopolita (la sua zona di origine era un vero punto d'incrocio di culture diverse, dall'ellenismo alla cultura orientale, dall'ebraismo alla romanità imperiale) e con quella che oggi definiremmo una certa "vena di marketing" (ricordiamoci che il suo mestiere familiare era quello di venditore di tende...), comprese che alcune modifiche riguardati certi aspetti erano necessarie per la diffusione del cristianesimo e le apportò, basandosi, con ogni probabilità, sulle sue conoscenze di quelle religioni "pagane" che avevano attecchito tra greci e romani.
All'interno di questa "strategia" missionaria, il principale mezzo di diffusione della sua "concezione modificata" di cristianesimo non potevano essere che i Vangeli (in particolare i Sinottici), i cui autori, chi più direttamente, chi meno, dipendevano dalla sua "visione" (2) e, di conseguenza, trasmisero esattamente ciò che egli voleva che "passasse": l'immagine di un Uomo-Dio dai tratti perfettamente accettabili per popoli abituati ad una netta alterità tra ambito umano e ambito divino.
Di fatto, però, un'attenta lettura di alcuni passaggi e una conoscenza storica del sistema religioso e spirituale coevo alla scrittura evangelica ci possono permettere, oggi, di ricostruire, almeno parzialmente, la trama di rimandi rinvenibile negli scritti neo-testamentari.
Forse il caso più eclatante in questo senso riguarda la versione comunemente diffusa della natività di Gesù.
Il racconto cristiano del Natale è talmente popolare che molti credono che esso si trovi in tutti i Vangeli, mentre, al contrario, è presente in forma completa soltanto in Luca.
Ebbene, è piuttosto evidente come l'evangelista, nel suo racconto, abbia pesantemente attinto, rielaborando, sia dal patrimonio tradizionale veterotestamentario (il che, in realtà potrebbe far pensare semplicemente ad un "continuum profetico") che, soprattutto, al patrimonio culturale pagano. Gli studi teologici anche di recente (3) hanno, infatti, sottolineato la profonda influenza pagana sulla narrazione di Luca, influenza che si esplica in una serie notevole di elementi:
# OL> La descrizione, così piena di sentimentalismo, della madre errante, che non trova un luogo dove partorire la propria creatura. Qualsiasi lettore greco non poteva non ricorrere col pensiero alla madre di Apollo, che non riesce a trovare un luogo per partorire, e che i poeti descrivono in modo analogo.
# Come in Callimaco il figlio di Zeus viene avvolto in fasce e Dioniso bambino giace dentro un crivello, così in Luca il Gesù bambino giace dentro una mangiatoia, avvolto in fasce.
# Il racconto bucolico dei pastori viene riferito pressoché identico a proposito della nascita di Ciro e di Romolo, nonché nelle storie dell'infanzia di Mithra; esso non ha nulla a che fare con i racconti analoghi dei Vecchio Testamento, dove manca proprio l'elemento essenziale, cioè l'omaggio alla divina creatura.
# La luce nella notte è parte della natura dei Misteri: "Nella notte io vidi risplendere il Sole in luce accecante", così suona il racconto della cerimonia iniziatica dei Misteri di Iside.
# Dalle celebrazioni misteriche proviene il grido: "Oggi vi è nato il Salvatore". L'esclamazione di giubilo degli Ierofanti in Eleusi suona: "La Signora ha generato un sacro fanciullo"; e nelle feste ellenistiche dell'Eone, influenzate da questa tradizione, risuonava il grido: "In quest'ora, oggi la Vergine ha partorito l'Eone" e "La Vergine ha partorito, la Luce cresce". Per Osiride il grido suona: "Il Signore di tutte le cose viene alla luce... un Grande Re e Benefattore, Osiride, è nato" e nel culto dei re: "Vi è nato un Re e lo ha chiamato Carilao, perché tutti divennero felicissimi".
# Dalla pietas verso i sovrani derivano le locuzioni "annunciare una grande gioia", "Salvatore", "a tutto il popolo".
# L'annuncio d'una grande gioia in occasione della nascita di un redentore è motivo tipico della storia delle religioni, del quale non sappiamo con certezza se abbia le proprie radici nel sorriso del cielo e del mondo quando nacque Buddha oppure nel giubilo cosmico per Zarathustra o se i due motivi videro la luce solo nell'Ellenismo. Forse possiamo presumere in Luca le medesime fonti ellenistiche della IV Ecloga di Virgilio.
# Le schiere celesti in Luca derivano da concezioni veterotestamentarie, ma ci riportano alla memoria anche i Cureti vestiti da soldati e i Coribanti intorno alla culla di Zeus, o le schiere che circondano il fanciullo Dioniso (4).
Tra tutti questi elementi, per altro in gran parte strettamente correlati l'uno all'altro, quello che, per questioni di più stretto parallelismo con il racconto cristiano, risulta storicamente più interessante è quello relativo al culto di Mithra (o Mitra).
Il giorno della nascita di Mithra, infatti, il "dies natalis Solis", cadeva proprio il 25 dicembre, il giorno scelto per celebrare la nascita di Gesù nonostante alcuni elementi (a esempio, la presenza di pastori sulle colline di Betlemme) ci parlino logicamente di un periodo primaverile-estivo.
In effetti, nella cristianità primitiva si celebrava solo una festa, la Pasqua, e fino al IV secolo la Pasqua e la Pentecoste furono le uniche festività ufficiali della Chiesa, mentre per molto tempo la nascita del Cristo non fu celebrata e, in seguito, venne determinata in modo estremamente diverso, dato che non era certa neppure la determinazione dell'anno della nascita.
Per non parlare poi della storicità dell'evento: intorno al 200, secondo quanto sappiamo da Clemente Alessandrino (5), per alcuni era il 19 di aprile, per altri il 20 di Maggio, mentre lo stesso Clemente credeva che la data esatta fosse il 17 Novembre.
Il Natale così come oggi lo conosciamo, sorse in Egitto solo nel II secolo, festeggiato il 6 di gennaio (11 Tybi, giorno della nascita di Osiride) e fu solo a partire dal 353 che la Chiesa indicò il 25 dicembre quale data della nascita del Cristo, quel 25 di dicembre, nel quale, appunto, ricorreva la festività di Mithra, in cui, nella notte fra il 24 e il 25 dicembre gli iniziati, da 1600 anni prima della nascita di Cristo, si raccoglievano in un adyton sotterraneo, per compiere i riti iniziatici intorno alla mezzanotte. All'alba i fedeli lasciavano in processione il luogo sacro, portando con sé la statuetta d'un bambino, simbolo del figlio del dio del Sole appena nato dalla Vergine, la Dea Caelestis, e non appena sorgeva il sole recitavano in coro la formula liturgica riguardante il parto verginale menzionata in precedenza (6).
D'altra parte, un parallelismo tra interpolazioni posteriori nel culto cristiano e religiosità mithaica, non può risultare così azzardato, se pensiamo che, pur essendo, come vedremo, tale religione nata in oriente, il suo culto formalizzato venne fondato, ad opera di alcuni filosofi stoici tra cui Posidonio e Cleante di Zeo, a Tarso, cioè nella città in cui il giovane ebreo e futuro fariseo Paolo era cresciuto e in cui, vista la vastità assunta in quel luogo da culto stesso, non poteva non essere entrato in contatto con esso (7).
D'altra parte, tali parallelismi non si fermano certo al "Natale", anzi, sono tali da investire buona parte della religione Cristiana.
Come Cristo, Mithra era disceso dal cielo e, come visto, alla sua nascita era stato adorato dai pastori, che gli avevano recato in dono le primizie dei greggi e dei frutti della terra. In seguito, era asceso al cielo, dove era stato posto sul trono accanto al dio del Sole ("alla destra del Padre"), divenendo partecipe della sua onnipotenza e parte di una Trinità divina. Inoltre, un giorno, nel Grande Anno, sarebbe tornato a resuscitare e a giudicare i morti, per separare i buoni dai cattivi: ai primi sarebbe stato offerta la bevanda dell'immortalità, resuscitando anche i loro corpi fisici, mentre i secondi sarebbero stati condannati alle fiamme eterne (8).
Anche per quanto riguarda il "ruolo salvifico" le analogie sono impressionanti: Mithra era il demiurgo fra cielo e terra, fra dio e l'umanità: era l'Uomo-dio, il Redentore del mondo e il Salvatore. Secondo la tradizione, egli era, dunque, l'intermediario tra la divinità suprema Ormudzt e l'umanità ed era in perpetua lotta con Ahriman, lo spirito Maligno che voleva distruggere il mondo (9).
Le modalità del suo intervento salvifico permettono accostamenti altrettanto inquietanti: dopo aver predicato e compiuto numerosi miracoli, Mithra, il "buon pastore", la cui immagine è sempre ritratta con un disco solare dietro la testa (praticamente un aureola), tenne un ultimo banchetto con i suoi dodici amici scelti e sacrificò la propria vita per salvare l'umanità, ma tornò in vita tre giorni dopo (la sua resurrezione era celebrata ogni anno) e, come accennato, salì in cielo sopra un carro di luce (10).
Al di là dei racconti sulla vita del dio, anche gli elementi di culto e rituali della sua religione presentano troppi punti di contatto, persino architettonici, con quelli cristiani per parlare di "pura casualità".
Al mithraismo sono, infatti, accreditati rituali e credenze quali: la recitazione delle preghiere, l'atto delle mani giunte e la genuflessione (e, di per sé, in questi dati non ci sarebbe nulla di strano, essendo elementi comuni a numerose religioni orientali), la presenza di sette sacramenti, tra i quali spiccano il battesimo lustrale, la confessione delle colpe che contemplava penitenze (prima corporali, poi sostituite da lavori socialmente utili) e la confermazione (cresima), il segnarsi la fronte con le dita, l'esposizione dell'ostia-disco solare sull'altare, la disposizione dell'altare (con un banco di pietra posto davanti all'abside), la stessa architettura cristiana delle basiliche, dove si eseguivano i riti in pompa magna (tanto che molte delle basiliche mithraiche verranno riutilizzate come chiese cristiane), l'uso dell'incenso, dell'aspersorio e dei lumi accesi davanti all'altare, la presenza di un giorno predeterminato periodicamente (settimanalmente) riservato al culto (e durante le cerimonie veniva consumato un "pasto sacro" detto "Myasda", a base di pane e di vino, simboli del corpo e del sangue del Dio!) (11).
Persino per quanto riguarda il clero, molti elementi si direbbero "copiati" nel cristianesimo dal mithraismo: a capo del mitrhraismo vi era un sommo Sacerdote, il Padre-Sacro (cioè il Santo Padre o Papa), che vestiva di rosso e portava un copricapo e un bastone da pastore (e, "stranamente" Mithra era "colui che nacque dalla pietra" (12) o "la Pietra" e, come Pietro, lo aveva già notato da Giustino Martire (13), era spesso raffigurato accostato all'immagine del gallo e delle chiavi, entrambi simboli del dio del Sole) mentre durante le funzioni i sacerdoti (il sacerdozio era solo maschile) vestivano una stola, un cappello in stile frigio detto "Mithra" (in tutto simile all'odierna mitra vescovile) e colori diversi a seconda delle diverse ricorrenze dell'anno (14).
A questo punto, diventa d'obbligo cercare di capire qualcosa di più su chi fosse questo dio Mithra.

Di un dio dal nome Mithra in Persia, e, con le medesime caratteristiche, Varuna in India si trovano tracce fin dal 1500 a.C. (compare nei testi sacri indiani del "Rig Veda") ma è possibile che questa divinità sia ancora anteriore e, certamente, gli Ari lo tenevano in grande considerazione (15).
Mithra, col nome di Bel, compare anche nel 1400 a.C. tra gli "dei di Stato" dell'Impero dei Mitanni in Mesopotamia, dove già veniva festeggiato il 25 dicembre con la festa del "Son" (in babilonese Sole) invincibile: era considerato figlio del Sole e Sole egli stesso (16).
Il suo culto venne ripreso da Zarathustra, il profeta che si ritiene nato nel 714 a.C. in Persia, che combatté il politeismo dei popoli nomadi e favorì la nascita di un codice di leggi civili e morali valido per la crescente popolazione che da nomade diventava agricola e stanziale.
Zarathustra propose una religione universale e monoteista basata sul "giusto sentire, giusto parlare, giusto operare", richiamandosi proprio all'antico culto del Dio Sole Mithra e facendolo confluire successivamente nel nuovo Dio Mazda, il cui culto, detto Zoroastrismo, è ancora praticato in alcune zone dell'India e della Persia. Dai suoi detti, pensieri ed insegnamenti fu scritto il libro sacro "Avesta", già noto ad Alessandro Magno.

Con la conquista persiana di Babilonia il mithraismo entrò in relazione con le religioni mesopotamiche ed ebraiche (gli ebrei erano in esilio a Babilonia ed i persiani ne furono i liberatori).
Intorno al III secolo a.C. siamo certi che divenne la religione più diffusa in tutto l'impero persiano.
Successivamente, dopo qualche anno di decadenza, il culto mitriaco ebbe una grande ripresa con l'imperatore Artaserse II e nel periodo ellenistico, quando si iniziò a diffondere nelle province dell'Impero Romano e nella stessa Roma, portato dai soldati romani che già sotto Pompeo si convertivano in massa.
Anche a Roma, prima tra le classi più povere (inizialmente i patrizi sembra che se ne facessero beffe, ritenendo la promessa salvifica contraria alla virilità romana), poi anche tra quelle più elevate, la religione di Mithra risultò assai gradita alla popolazione, tanto che l'imperatore Aureliano nel 274 d.C. dichiarò il 25 dicembre festa nell'Impero, e poiché Mithra simboleggiava il Sole, tale festa fu sovrapposta a quella del Sole Invicto (17).
Il culto si diffuse rapidamente in ogni zona, estendendosi in Nord Africa, in Spagna, in Gallia, in Germania e persino in Britannia, ma, come tutti gli altri culti, anche il mithraismo dovette poi soccombere al divieto degli imperatori cattolici quando il cristianesimo divenne "religione di stato".
Forse la domanda che più di ogni altra ha interesse storico riguarda le ragioni di una così rapida e vasta diffusione di un culto orientale all'interno dei confini imperiali.
Certamente, la promessa salvifica ed il meccanismo "remunerativo" delle "opere buone" ebbero una valenza notevole in questo senso, soprattutto in un periodo in cui, dopo la fine del periodo repubblicano, anche il sistema del "mos maiorum" e delle divinità olimpiche iniziava a mostrare un po' la corda. D'altra parte, però, tali elementi erano presenti in molte religioni misteriche, dai culti orfici a quelli eleusini, che, pur ottenendo un certo successo, non arrivarono mai a competere con il numero di adepti del mithraismo (18).
Forse ancor di più, allora, l'elemento che permise una penetrazione così rapida in zone culturalmente notevolmente eterogenee, fu il rifarsi apertamente del mithraismo al più antico e più naturale dei culti religiosi: l'eliolatria.
Non per nulla l'eliolatria, cioè l'adorazione del Sole, occupa una posizione di grandissimo rilievo nella storia delle religioni: gli antichi Persiani invocavano l'astro diurno già ben prima dello sviluppo dell'"Avesta" e in Egitto lo sposo di Nefertiti, il re Amenofis IV (1375-1358), grande riformatore religioso, tentò di introdurre l'adorazione del Sole come unica forma di culto (19).
D'altra parte, anche Mosè coltivava stretti rapporti col dio del Sole, visto che il suo monoteismo, come dimostrato da Freud (20), era uguale al culto solare di Amenofis IV.
Al dio del sole di Babilonia un inno in caratteri cuneiformi risalente ad età pre-biblica attribuisce tutte le qualità che in seguito formeranno nella Bibbia l'oggetto dell'esaltazione di Dio (21) e anche il profeta Isaia sembra pensare non a Jahvè, ma al dio del Sole, quando scrive: "Vedi come la tenebra copre la terra e il buio avvolge i popoli; ma sorge su di te il Signore, e la sua magnificenza appare in te. I popoli camminano nella tua luce, e i re nello splendore, che è sorto per te." (22) Tutta una serie di dei, quali Giove, Apollo e Baal, ebbero gli attributi della divinità solare e nell'Impero Romano, prima con Eliogabalo (218-222), sacerdote di questa divinità ancor prima dell'ascesa al trono, e in seguito con Aureliano (270-275), la cui madre era sacerdotessa del Sole, questo dio fu venerato come Summus Deus.
In tempi meno remoti, ad esempio nell'antica Roma, per festeggiare il Solstizio d'inverno si celebravano i Saturnali in onore del dio Saturno, protettore dell'agricoltura, che culminavano, come visto, nel giorno 25 dicembre, dedicato al Sole Invicto che rinasce sempre (23).
Sostanzialmente, non vi è nulla di strano nel fatto che, fin dai primordi, popoli di cacciatori e di agricoltori, che vivevano all'aria aperte e la cui vita era strettamente legata ai cicli naturali, venerassero l'astro apportatore di calore e di vita che vedevano in cielo come una divinità empirea.
Tra l'altro, questo nucleo comune di religiosità naturale ci può spiegare anche la ragione per cui il "compleanno" di Mithra (e poi, conseguentemente, di Gesù) e di molti altri dei in ogni parte del globo (dall'azteco Huitzilopoctli al vichingo Freyr, dal greco Bacco al siriaco Adone) venga posto il 25 dicembre: il 21 dicembre avviene il solstizio di Inverno, la notte più lunga ed il giorno più breve dell'anno, che segnano il punto più basso della presenza solare e la sua "rinascita" e crescita progressiva fino al solstizio d'estate.
Ma perché nascite sacre il 25 e non il 21?
Da una concezione che risale a tempi lontanissimi, nei giorni dal 22 al 24 dicembre sembra che il Sole, nel suo moto apparente, si fermi ("solstitium" significa "sole fermo"): è quindi il momento del massimo declino dell'Astro che solo dal 25 sembra riprendere il cammino, cioè nascere davvero (24).
Nel "continuum" che sembra essersi creato tra culto solare, mithraismo e cristianesimo, questi elementi non appaiono affatto di scarsa rilevanza.
Non è certamente senza senso che tentazioni eliolatriche si siano presentate fin dall'inizio della storia cristiana. È un fatto accertato che molti cristiani adorassero il Sole: nel 354 o 355 il vescovo Pegasio confessò al principe Giuliano di pregare segretamente il Sole (25) e ancora nel V secolo c'erano fedeli cristiani che si prosternavano davanti all'astro nascente, dicendo: "Abbi pietà di noi!" (26), tanto che Papa Leone I dovette mettere in guardia la comunità romana da un aperto culto del Sole.
Ben presto Cristo fu proclamato "l'Onniveggente", l'"Invitto" e il "Sole della giustizia", tutti titoli propri del Sol Invictus (27). E anche oggi la raffigurazione del Sole, l'eterna luce, si trova negli edifici sacri degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani.
Un eco dell'antica concezione è presente addirittura nella Messa: l'Antifona del 21 dicembre, giorno del solstizio invernale, recita: "O Sole che sorgi splendor d'eterna luce e sole di giustizia, vieni ad illuminarci, ché siamo nella tenebra e all'ombra della morte."

In conclusione, da quanto sopra, si potrebbe desumere che, fondamentalmente, il Cristianesimo altro non sia stato che un cambio di nome di divinità, ma bisogna fare molta attenzione a non eccedere in generalizzazioni semplificanti: i Discorsi della Montagna, le parabole, l'uguaglianza tra gli uomini, la tolleranza, il perdono, la carità, il riconoscimento di una dignità alle donne in un mondo ancora ferocemente misogino, sono tutti elementi che non appartengono al culto di Mithra.
Probabilmente sarebbe erroneo pensare, come alcuni (28), ad una banale sovrapposizione di nomi o alla possibilità che, proprio perché Mithra era entrato profondamente nell'animo del popolo, e perché di Gesù giovane mancavano notizie, le due figure si siano un po' fuse.
Molto più corretto sembra essere il riconoscere in questo passaggio una operazione di "camuffamento" voluta, una reale operazione cosmetica di marketing ante litteram. E, come detto, Paolo di Tarso era un maestro in questo senso...


Note:

1. H. Maccoby, "The Mythmaker: Paul and the Invention of Christianity", HarperCollins 1987; C. Rowlands, "Christian Origins", SPCK 1985; et alii.
2. T. Holland, "Contours of Pauline Theology: A Radical New Survey of the Influences on Pauls Biblical Writings", Christian Focus Publications 2004; N. Thomas Wright, "What Saint Paul Really Said: Was Paul of Tarsus the Real Founder of Christianity?", Wm. B. Eerdmans Publishing 1997; et alii.
3. Ad esempio in R. E. Brown, "St. Paul as a Public Relations Practitioner: a Metatheoretical Speculation on Messianic Communication and Symmetry", Public Relations Review, Volume 29, Issue 2, June 2003.
4. R. Schneider, "Geistesgeschichte der Christlichen Antike", Verlag Hauptman 1970.
5. Clemente Alessandrino, "Stromata", I, 21, 147.
6. J. F.Kelly, "The Origins of Christmas", Liturgical Press 2004.
7. D. Ulansey, "I Misteri di Mithra. Cosmologia e Salvazione nel Mondo Antico", Ed. Mediterranee 2001.
8. R. Merkelbach, "Mitra. Il Signore delle Grotte", ECIG 1998.
9. M. Vermaseren, "Mithra, the Secret God", Barnes and Noble 1963.
10. D. Ulansey, Citato.
11. J. Rigas, "Christianity Without Fairy Tales: When Science And Religion Merge", Paevma Publications 2004.
12. Ivi.
13. Giustino Martire, "Tryphon", 70, 1sgg.; 78,15.
14. P. Nabartz, C. Matthews, "The Mysteries of Mithras: The Pagan Belief That Shaped the Christian World", Inner Traditions 2005.
15. F. Cumont, "The Mysteries of Mithra", Dover 1956.
16. Ivi.
17. R. Merkelbach, Citato.
18. F. Cumont, Citato.
19. G. Roeder, "Religion Des Alten Agypten", Verleget Bei Eugen Diederichs, 1923.
20. S. Freud, "Mosè e il Monoteismo", Pepe Diaz Editore 1952.
21. P. Nabartz, C. Matthews, Citato.
22. Jes. 62, 2 sg.
23. G.H. Halsberghe, "The cult of Sol Invictus (Etudes preliminaires aux religions orientales dans l'Empire romain)", Bril 1972.
24. Ivi.
25. Schneider, Citato.
26. Leo I, "Sermones", 27, 4.
27. G.H. Halsberghe, Citato.
28. J. Rigas, Citato.
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